C’è un cimitero immenso. È bello, grande e accogliente. Ti abbraccia con
le sue mani blu e ti culla dolcemente.
Su giù
Su giù
Avvolge parte dell’Europa, brama corpi,
carne e sangue.
È un bellissimo cimitero.
Qualcuno sicuramente c’avrà nuotato scambiandolo
per un mare, qualcun altro si sarà divertito, portando la famiglia in giro,
adesso che cominciano queste belle giornate di caldo.
Il caldo lo adoro, dico davvero.
A chiamarlo cimitero certo fa un po’ impressione e i detrattori
dell’ordine, quelli che urlano sempre, vi tacceranno subito di buonismo. Io
però lo continuo a chiamare così. C’è. E’ lì. Pure se uno fa finta di niente,
se lo usa per le immersioni, lui sta sempre là.
Ci
sono giorni in cui vengono gettati i fiori e in quelle mattine soleggiate molti
piangono, altri ridono e altri ancora, i politici soprattutto, si fanno i
selfie.
Certi giorni al cimitero ci vanno le autorità religiose.
Anche loro piangono e anche loro gettano i fiori.
Io lo so che uno del cimitero dovrebbe
aver rispetto, però a me fa una certa rabbia.
È un cimitero immenso ed è tutto blu.
È il nostro grande camposanto.
Mi piace ‘sta parola: camposanto.
Certo, sarebbe meglio fosse un mare.
Maresanto.
Nel cimitero nostro non ci sono lapidi, bare o
tombe. Solo scogli, rocce e pesci che mangiano carne -«La pesca va meglio!»,
urlano i pescatori.
Se guardi bene, laggiù al camposanto, capace che vedi due occhi sbarrati
che spuntano dall’acqua -anche se onestamente è difficile, dal momento che gli
occhi, da quel che ne so (ma prendete con le pinze le mie parole! Mica sono un
marinaio!), sono la prima cosa che si mangiano i pesci. Però è una bella
sequenza, cinematografica quasi, quindi ve la lascio immaginare: voi che state
per tuffarvi, il costumino rosso aderente sul fisico scolpito, l’aria che vi
taglia il viso, lo sguardo rivolto alle onde e, d’improvviso, due occhi vitrei
che vi fissano da sotto il mare.
Qualcuno dirà di certo che io sono un buonista, che voglio accoglierli
tutti. «Portali a casa tua!», urleranno già in preda all’isteria, come hanno
fatto col buon Gianni Morandi. «A scrivere ‘ste quattro stronzate!», «Radical
chic di sinistra!», e giù ancora valanghe di insulti. Vorrei quindi, una volta
per tutte, dirvi che, Signori miei, io non sono buonista. A me, per dirla alla
romana, me rode tanto er culo. Io vorrei, eccome se vorrei, che a voi
succedesse tutto il male del mondo, che scoppiasse una guerra a casa vostra,
nel palazzo vostro, che ne so, tra quelli dei piani alti e quelli dei piani
bassi, aristocrazia VS proletariato, e che la vasca si riempisse d’acqua e che
poi occupassero il vostro appartamentino e gli abitanti di un’altra palazzina
venissero proprio a casa vostra a fregarvi il sale, tutto il sale ché hanno
fatto un patto con quelli dei piani alti e voi, perdenti, foste costretti a
scappare in ascensore e dopo, solo dopo aver subito le peggio torture dal
macchinista, foste costretti a vivere chiusi in un campo per richiedenti asilo
allestito proprio nel giardino condominiale, in una tenda fornita da
un’organizzazione umanitaria, un pasto al giorno se vi dice culo, solo
merendine del discount; mi piacerebbe che iniziasse a piovere così forte da
distruggervi la tenda, che già era scrausa ma adesso fa proprio schifo, e che
arrivasse pure la sbirraglia a manganellarvi un po’, giusto perché abitavate
nella parte sfigata del palazzo. Ma, visto che i miei sono solo sogni (sogni di
guerra perché no, non sono manco pacifista a tutti i costi), preferisco
snocciolare un po’ di dati, per far capire ai più sprovveduti il periodo
storico in cui ci viviamo.
Ecco quindi, Amici & Amiche, la breve lista di alcuni paesi in
guerra, vicini quel tanto che basta alle nostre amate e fortificate case:
In primis, ovviamente, c’è la Siria; con i suoi 22 milioni di abitanti,
a seguito dei bombardamenti da parte degli americani e dei russi, s’è trovata a
dover affrontare una bella crisi umanitaria con ben 4,8 milioni di uomini,
donne e bambini che se la sono data a gambe.
Poi c’è l’Iraq. L’Isis qui c’è andato giù pesante, facendo scappare 3,5
milioni di persone.
In Afghanistan non è andata molto meglio: tra talebani, persecuzioni,
americani ed estremismo religioso sono fuggite 2,6 milioni di persone.
C’è pure il Pakistan certo con i suoi 262.000 rifugiati.
Da cosa scappa ‘sta gente? Dalle guerre,
dalla fame, da quello che gli abbiamo messo in casa.
Come vivono? ‘Na merda.
Cosa sono per noi? Poco più che numeri. Ché a contare si perde il senso
delle cose, uno più uno meno. Un trafiletto sul giornale, la notizia poco prima
del servizio della cioccolata senza olio di palma. Basta che non siano dei
nostri, se sono dei nostri è la fine.
Oh, tra l’altro e per inciso, io penso che qualunque confine sia inutile
e dannoso, non credo nelle nazioni, non credo nella patria e manco nelle
frontiere. Quindi, per fugare ogni dubbio, una persona che scappa dal Bangladesh
perché non c’ha un soldo e muore di fame ha gli stessi diritti di uno che fugge
dalle guerre. Che poi la fame, mi chiedo io, non è pure quella una guerra?
Ma noi, Compagni & Compagne, siamo buonisti. Fortuna che il mondo si
regge sugli altri, i sani difensori della nazione. I guerrafondai per gioco,
ché col metodo loro oggi sì che viviamo in un mondo migliore, sicuro, tutto
cuori e fiori. Quelli che ad esempio stanno a distrugge’ Schengen (riflettendo
una delle poche cose buone che ha fatto l’Europa). Come potranno adesso i ragazzi
Erasmus partire per andare a studiare in Austria? In Germania? In Francia? Sarà
forse la volta buona che i giovani d’Europa si ribelleranno all’oppressore?
Ma scusate, divago, oggi sto in vena di numeri, mi piace snocciolare. Perché sapete? Ogni tanto,
lo dicevo pure nel raccontino scorso, mi domando perché non scrivo
fantascienza. Eh. In fondo io mi
nutro di fantascienza, mi piace proprio, l’adoro. Soprattutto quella che parla
di futuri ipotetici, dove regnano regimi securitari che controllano la
popolazione. O quella che parla di recinti e filo spinato. L’adoro cazzo. Mi
piace proprio. Pure da piccoletto, quando usciva un film così sicuro correvo al
cinema. «Papà!», urlavo, «Eddai andiamo al cinema!». Mio padre mi ci portava,
ché anche a lui la fantascienza piace tantissimo. Io ci sono cresciuto con le
robe cyberpunk. Poi c’era tutto Philip Dick, James Ballard, George Orwell.
Cristo se ci sto in fissa. Sono tipo autistico io, leggo solo ‘ste cose. Ma
allora, mi domando ogni tanto, nelle notti di luna piena, perché non scrivi
fantascienza? Perché perdi tempo a raccontare quel che ti avviene attorno? Poi
la risposta me la dà l’Europa, la fortezza mia, il mio piccolo fantastico
angolo di paradiso di ferro. Mi protegge, mi ama, mi culla, mi coccola, mi
incute timore, mi terrorizza.
Pur di non far passare nessuno si macchia di sangue, è tipo un serial
killer, e di quelli spietati.
Lungo le frontiere del vecchio continente sono morte, dal 1988 a
febbraio del 2016 almeno 27. 382 persone, di cui 4. 273 solo nel 2015 e 3.507
nel 2014. Poca roba per un continente che in altri secoli è riuscito a
sterminare interi popoli. Numeri e numeri e numeri. Per sentirci più sicuri,
più protetti, padroni a casa nostra. D’altra parte, per citare i manifesti
elettorali del candidato alla carica di sindaco di Roma, tale Iorio, dobbiamo
“Fermare l’invasione aliena”. Più science fiction di così.
Quindi sì, viviamo in Europa, ‘sta bellissima donna con il coltello in
mano e le labbra macchiate di sangue. Una vecchia signora un po’ triste,
paurosa, obesa e vigliacca.
Io non c’ho bisogno della fantascienza, all’Europa gli Hunger Games glie
fanno ‘na pippa. Noi abbiamo interi paesi fortificati, avvolti da filo spinato
e telecamere, confini presidiati da carro armati e militari con la bava alla
bocca. Noi abbiamo i campi strapieni di disgraziati, tipo quel bellissimo film,
com’è che si chiama?
«I figli degli uomini», mi fa Ganesh, il mio amico immaginario.
«Ecco grazie, I figli degli uomini».
Da noi c’è l’ordine, la disciplina,
l’amore per la patria. Noi c’abbiamo la guerra in casa e costruiamo muri, come
un serpente, uno dietro l’altro.
Ricordate la canzoncina che cantavamo sempre da piccoli?
Questa è la coda
del serpente
che vien giù dal
monte
per ritrovare la
sua coda
che ha perduto
un dì
Paro paro.
Barriere.
La
prima è stata la Bulgaria, con ben 100 chilometri di muro.
Poi l’Ungheria con un bel muro al confine con la Serbia, alto 4 metri e
lungo 175 chilometri.
A questo punto l’Austria innalza il suo sbarramento di filo spinato con
la Slovenia.
Allora la Slovenia che fa? Costruisce pure lei un muro, ‘sta botta
contro la Croazia (165 chilometri di filo
spinato).
Ma torniamo a noi, nella nostra Italia, ché gli austriaci vogliono fare
quest’altra barriera, là sui monti con Annette, sul Brennero. E a nulla servono
le (poche) prese di posizione del nostro governo o le manifestazioni di
protesta di chi il filo spinato non lo vuole; loro, gli austriaci, non vanno
per il sottile. Voglio dire, poco ci mancava che mandavano a capo del paese uno
strano omino, Norbert Hofer. Un nazista. Ma va bene così. Cavalcano le paure
questi qui, l’ignoranza. Ignoranza sì. Una massa di ignoranti si aggira per
l’Europa. Gente stupida, razzista, cattiva, bigotta, becera; sottoproletariato,
l’avrebbe definita Marx. Persone che votano Salvini Meloni Le Pen Hofer.
Persone che hanno paura perfino della propria ombra, uomini e donne nati
diffidenti e sospettosi. Quelli che guardano male il tizio dalla pelle nera che
entra nel portone del palazzo per mettere due volantini, le vecchie che
impiegano tre ore per prendere un barattolo di pomodori e si schifano dello
zingaro accanto, i signori che ingurgitano televisione dalla mattina alla sera,
i ragazzini che vanno a fare il saluto fascista al corteo di CasaPound, gli
adulti che dicono che gli immigrati rubano il lavoro. La maggioranza sì, quelli
coccolati dai politici di tutto il mondo. Il vicino di casa che non è razzista
però gli indiani puzzano, quell’altro che invoca le ruspe, il tizio che sgomma
contro il lavavetri. Fate schifo ar cazzo.
Però oh, c’avete un bel
successo eh.
A voi vi seguono tutti.
Siete l’Europa.
Siete l’occidente.
Prendiamo gli Stati Uniti d’America,
terra di promessa e libertà, dove un uomo con il viso rosso come un peperone
rischia di diventare il nuovo presidente. Dice, il peperone: «I rifugiati che
arrivano hanno telefonini con sopra la bandiera dell’Isis, e chi paga loro
l’abbonamento?», «Vieterò l’ingresso ai musulmani!» o anche, sui messicani,
«Sono tutti criminali e stupratori… bisogna costruire un muro al confine con il
Messico!»
‘Sta cosa dei muri torna sempre.
Il muro ha tutto un suo fascino, è
sinonimo di protezione e sicurezza. I castelli avevano i muri e c’è anche la
muraglia cinese, riflettendo. Pure il muro in Germania c’era. Il muro divide e
protegge. Il muro controlla chi è dentro e chi fuori.
Trump, per la cronaca, ha promesso a più riprese che se verrà eletto
reintrodurrà il metodo di tortura per annegamento simulato. Così, tanto per.
Finalmente un vero americano, tutto ordine, donne e distintivo.
Ma mica dobbiamo spostarci dall’altra parte del mondo per sentire certe
cose. C’è casa nostra, noi abbiamo la Lega Nord. Se il peperone promette la
tortura Matteo Salvini dice, cito testualmente: «Proporrei (…) quattro mesi di
servizio civile o militare per insegnare ai ragazzi e alle ragazze a saper
usare le armi». Perché giustamente le ronde come le fai sennò?. Oppure, sempre
Salvini: «Ho scritto al presidente di Atm perché valuti la possibilità di
riservare le prime due vetture di ogni convoglio alle donne che non possono
sentirsi sicure per l’invadenza e la maleducazione di molti extracomunitari. E
andando avanti così le cose saremo davvero costretti a chiedere dei posti da
assegnare ai milanesi».
Non è l’unico però, nel partito suo a sparare cazzate sono in tanti:
Fedriga: «Quando andremo al governo per prima cosa aboliremo per gli stranieri
la legge sulla privacy. Devono essere controllabili e monitorabili in ogni loro
attività». Borghezio: «Agli immigrati bisognerebbe prendere le impronte dei
piedi per risalire ai tracciati particolari delle tribù».
La
Lega in Italia non è sola. Il candidato a sindaco di Roma di CasaPound dice:
«Noi dobbiamo venire prima degli altri», «Noi vogliamo che i cittadini abbiano
la possibilità di organizzarsi in gruppi di volontari che presidiano il
territorio», «Noi vogliamo chiudere tutti i centri di accoglienza».
Ecco qua. Il nostro bel paese, dove persone del genere hanno la
possibilità di parlare in nome di una presunta democrazia.
Vi odio sì.
Vorrei concludere questo piacevole
Racconto del Martedì (detto anche Sfogo del Martedì), con una piccola riflessione
su quel che avviene in Grecia, a Idomeni, dove è cominciato lo sgombero del
campo e degli altri spazi allestiti per i rifugiati.
Le situazione nei centri, dai racconti di alcuni soci che ci sono andati,
è disastrosa. Le persone vivono nel fango, in mezzo alla sporcizia. Quindi
provano a scappare, forse verso la Macedonia, e allora vengono picchiati dalla
polizia, morsi dai cani, derubati e portati in prigione. Oppure si ribellano e
organizzano le rivolte, piccoli focolai che si espandono a macchia d’olio. Partono
le cariche delle guardie e il lancio di lacrimogeni. Mi hanno detto che i bimbi
piangono quando arrivano i lacrimogeni, cioè, sono proprio traumatizzati, come
se li avesse colpiti un proiettile. Perché? Perché la guerra l’hanno vissuta e
le bombe se le ricordano, il lacrimogeno lo scambiano per un esplosivo. Eppure
queste persone non si arrendono. Non le ferma nessuno. Hanno visto il proprio
paese distrutto dai conflitti, sono fuggiti attraversando il deserto, bloccati
nelle carceri, violentati e torturati, hanno viaggiato in mare su un barcone
troppo stretto, le onde alte e i compagni morti, sono caduti e si sono
rialzati, il miraggio dell’Europa negli occhi. Sono arrivati qui e sono stati
imprigionati nei campi e ora attendono. Secondo me sono degli eroi. E non lo
dico con retorica. Eroi veri, gente che ha affrontato di tutto. Cose che noi
vediamo solo nei film.
Fino al 2015 sono arrivati 1014836 migranti in Europa; solo in Italia,
nei primi cinque mesi del 2016, sono sbarcate oltre 40 mila persone. Si vengono
a prendere ciò che gli spetta di diritto. Per quanto proviate a bloccarli loro
sono qui. Potete imprigionarli, torturarli, piegarli. Non si fermeranno, ne
arriveranno altri. Siete perdenti. Lo sputo della storia. Fatevene una ragione.
Perché non scrivo di fantascienza?
Io ce l’ho qui la fantascienza, è a casa
mia, nel continente mio. Ha un lungo filo spinato che l’avvolge e telecamere
ovunque. È fatta di terrore, controllo, paura e morte. Narra di guerre e di
lotte interne. Ha come protagonisti popolazioni cattive e popolazioni povere.
Disegna una società governata da dittatori democratici con la bava alla bocca e
la faccia da bravi ragazzi. Si perde a narrare le gesta dei vecchi al bar,
degli occhi elettronici, dei campi profughi, dei cortei contro i campi rom; si
commuove per la sorte di due marò e dimentica i pescatori uccisi. Si dilunga
sulle armi e sulle impronte digitali. Ma soprattutto enfatizza gli schieramenti
e mi chiede, ogni giorno, da che parte sto.
Fonti: Fortress Europe, Route to Europe,
UNHCR, La Repubblica.
Non si fermano le tragedie in mare, di conseguenza “Filo spinato”,
scritto la settimana scorsa, è già datato e non conta le vittime degli ultimi
giorni.
Si fa fatica a capire tutto ciò, già non riusciamo a capire le piccole cose figuriamoci tragedie così vaste. Ma la morale ci impone qualcosa che non riusciamo a capire a sentire come nostra.Morale della favola non mangiare il pesce del mare santo...
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